VIA TOLEDO, Palazzo Zevallos

Durata file audio: 2.48
Italiano Lingua: Italiano
Autore: STEFANO ZUFFI E DAVIDE TORTORELLA


Sei quasi arrivato ai “Quartieri Spagnoli”, a sinistra di via Toledo, lungo le pendici del colle della certosa di San Martino. Questo stretto reticolo regolare di strade sovraffollate, noto anche come “Montecalvario”, nacque a metà del ‘500 come agglomerato di edilizia a basso costo per alloggiare i soldati della guarnigione spagnola. Troverai qui la Napoli più pittoresca, fatta di lenzuola stese ad asciugare, traffico impossibile, dialetto stretto e calda umanità.

Dà su via Toledo il vistoso portale seicentesco, opera di Cosimo Fanzago, del nobile Palazzo Zevallos Stigliano, che era stato ristrutturato all’inizio del ‘900 e trasformato in sede bancaria, che invece ora è un museo.

Entrando per visitarne le splendide collezioni, scoprirai che è stato giustamente mantenuto il grande salone del pianterreno, con gli sportelli della banca, in garbato gusto liberty, ricavato a suo tempo ricoprendo il cortile con vetrate.

Le raccolte derivano in gran parte dalla collezione artistica del Banco di Napoli, e le trovi al primo piano. Il tuo percorso si apre con una buona selezione di pittori napoletani del ‘600, segue una serie di vedute della città inaugurate da un capolavoro assoluto di Caspar van Wittel, poi ottimi dipinti dell’800 locale e infine una sala dedicata al grande scultore partenopeo Vincenzo Gemito, di formidabile talento anche come disegnatore.

Nel museo potrai però vedere un capolavoro assoluto: il Martirio di Sant’Orsola, l’ultima opera di Caravaggio. Finito nel maggio del 1610, il quadro fu subito spedito a Genova via mare; meno di due mesi dopo Caravaggio morirà a Porto Ercole, sul litorale toscano. Anche se la tradizione prevede che il martirio di Orsola avvenga insieme a quello di numerose compagne, qui vedrai fluttuare nella penombra solo poche figure. La stesura è rapida, essenziale: una freccia, scagliata da vicino, trafigge Orsola sotto il seno: più che dolore, lei sembra esprimere sorpresa e amarezza. Nota come i colori siano dovunque spenti, sul grigio e sul bruno, tranne il rosso delle maniche del carnefice e del mantello della santa. Nella sua nuda essenzialità, questa tela rappresenta il punto finale di una lunga meditazione sul senso della sofferenza, del martirio, della morte.

 

CURIOSITÀ: Tra le opere di Vincenzo Gemito esposte in palazzo Zevallos Stigliano ti segnalo la bella statua intitolata L’acquaiolo: per realizzarla, lo scultore ha costretto il modello a stare in piedi su un sasso scivoloso, spalmato di sapone. Così lo scultore ha potuto fissare il bilanciamento delle gambe alla ricerca dell’equilibrio.

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