FORO-REGIO VII, Foro-Regio Vii

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Italiano Lingua: Italiano


Il Foro era una grandissima piazza rettangolare che costituiva il centro politico, commerciale e amministrativo di Pompei, talmente ampia da poter contenere tutti gli abitanti della città.

Intorno alla piazza devi immaginare un grande porticato con colonne in stile dorico, e un complesso di palazzi pubblici come gli uffici amministrativi, il “Comitium” in cui si svolgevano le elezioni, e la “Basilica” che non era una chiesa ma il luogo dove si amministrava la giustizia. Ognuno di questi edifici aveva una facciata ricca di decorazioni marmoree e di statue, purtroppo non più visibili, visto che l’intera area del Foro fu depredata poco dopo l’eruzione del Vesuvio.

Su un alto podio sorgeva il tempio di Giove nel quale si entrava salendo una doppia gradinata. Il portico che precedeva l’interno era detto “pronao” ed era molto profondo, mentre lo spazio interno, detto “cella”, era circondato da due file di colonne con le caratteristiche nicchie sul fondo destinate alle tre divinità maggiori: Giove, Giunone e Minerva, la cosiddetta “triade capitolina”. Dal podio si accedeva ad ambienti sotterranei in cui venivano custodite le offerte dei fedeli e probabilmente anche il tesoro pubblico della città, costituito dal denaro ricavato dalle tasse.

Costruito intorno al 150 avanti Cristo, forse su un precedente tempio etrusco, con l’avvento della repubblica romana questo tempio era diventato il principale edificio sacro di Pompei.

Ai lati del tempio puoi scorgere i resti di due archi onorari: quello sulla destra, di cui non resta molto, era probabilmente dedicato all’imperatore Caligola e fu demolito alla sua morte, mentre quello a sinistra era intitolato a Druso, figlio dell’imperatore Tiberio.

A destra del tempio di Giove, lungo la pizza, ci sono altri quattro luoghi sacri dedicati al culto dell’imperatore. Uno di questi era il Macellum, al cui interno si trovava perfino un’area dedicata alla vendita del pesce.

 

CURIOSITÀ: Pensa che all’imperatore Caligola fu applicata una pena chiamata damnatio memoriae, che significa “condanna della memoria” che prevedeva la distruzione di qualsiasi traccia che potesse ricordarlo, inclusi quindi monumenti e statue. Ecco perché qui nel Foro venne distrutto l’arco a lui dedicato.

 

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