CICLO DEI MESI DI VENCESLAO DI BOEMIA

Durata file audio: 2.31
Italiano Lingua: Italiano

A rendere la visita alla Torre Aquila imperdibile non è tuttavia la sua architettura, ma gli affreschi raffiguranti il Ciclo dei Mesi che si trovano nella sala principale della torre, al secondo piano.

Opera di un artista straniero, da molti identificato nella figura del Maestro Venceslao di Boemia, il Ciclo dei Mesi risale alla fine del ‘300 o forse ai primi anni del ‘400. Ti trovi, senza ombra di dubbio, davanti a una delle massime espressioni pittoriche del periodo Tardo Gotico, sia per la ricchezza di ogni singolo dipinto, sia per l’efficace e coinvolgente senso di continuità che si ha spostando lo sguardo da una scena all’altra. Ogni mese dell’anno è incorniciato da colonnine dipinte che ricreano l’illusione di un loggiato, attraverso il quale noi spettatori assistiamo al sorprendete miracolo del susseguirsi delle stagioni.

Iniziando dalla raffigurazione del mese di gennaio, siamo invitati a seguire i ritmi della natura e quindi dell’uomo. I paesaggi imbiancati dell’inverno, su cui prende vita una spontanea battaglia di palle di neve, lasciano successivamente spazio alla rinascita della vegetazione in primavera, cui segue la frenetica attività agricola della stagione estiva. Infine trovi l’autunno, preludio dell’inverno e quindi dell’inizio di un nuovo ciclo.

Protagonisti degli affreschi sono sia i nobili e le loro spensierate attività di intrattenimento a cominciare dalla caccia, che i contadini, i cui ritmi non possono che seguire quelli della natura. La profusione di particolari, caratteristica del periodo molto apprezzata dai raffinati nobili delle corti internazionali, fa di questo ciclo di affreschi uno straordinario documento di vita quotidiana nell’Europa di fine ‘300.   

Curiosità: Ti sei accorto che le scene non sono 12 bensì 11? Se ti stai domandando se dipende da una svista dell’artista sappi che purtroppo il mese di marzo è andato perduto durante un incendio e così oggi dobbiamo fare a meno del mese in cui, contadini e signori, certamente festeggiavano la fine dei rigori dell’inverno.

 

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